Evoluzione delle tecniche mini-invasive e dei risultati chirurgici dell’ALPPS in Italia: un’analisi delle tendenze nell’arco di 10 anni da un registro prospettico nazionale

Lo studio ha mostrato che l’uso dell’ALPPS è rimasto stabile nel corso degli anni, anche se con l’introduzione di diverse modifiche della tecnica originale.
Tra queste, era evidente un maggiore utilizzo di tecniche mini-invasive, portando ad un miglioramento della mortalità a 90 giorni dall’intervento.
L’insufficienza epatica postoperatoria rimane ancora una questione aperta per l’applicazione dell’ALPPS e l’uso della scintigrafia epatobiliare fra i vari stadi è sempre consigliatissimo oltre che eseguire l’ALPPS solo in centri esperti, ad alto volume.
Verde Indocianina nelle resezioni epatiche robotiche

La chirurgia epatica mini-invasiva consente ora di eseguire in sicurezza quasi tutte le operazioni di resezione del fegato. L’avvento della chirurgia robotica ha consentito un ulteriore sviluppo di questi interventi chirurgici. In questo campo è certamente auspicabile qualsiasi accorgimento che possa ulteriormente giovare al chirurgo nell’eseguire queste particolari resezioni epatiche. Il verde indocianina si è rivelato estremamente utile nella verifica dell’anatomia del fegato e delle vie biliari, nella scoperta di piccoli noduli tumorali localizzati nelle aree più periferiche del fegato e nella definizione intraoperatoria della segmentazione epatica.
Modello predittivo di machine learning per guidare l’allocazione al trattamento della recidiva di epatocarcinoma dopo resezione epatica

Mancano ancora chiare indicazioni su come selezionare la terapia delle recidive di carcinoma epatocellulare (HCC) dopo una epatectomia.
I dati di questo studio sono stati ottenuti da un registro italiano di epatocarcinomi operati tra il gennaio 2008 e il dicembre 2019, con un follow-up mediano di 27 (12-51) mesi. La convalida esterna dei dati è stata eseguita con altri dati derivati da una coorte italiana diversa e da una coorte giapponese. Sono stati inclusi pazienti con recidiva di HCC dopo la prima terapia chirurgica. Sono stati valutati i fattori che hanno influito sulla sopravvivenza dopo recidiva a seconda dei differenti trattamenti effettuati (nuova resezione epatica, termoablazione, chemioembolizzazione o sorafenib). Il modello è stato quindi adattato individualmente per identificare il miglior trattamento potenziale. L’analisi è stata condotta tra gennaio e aprile 2021.
In totale, sono stati arruolati 701 pazienti con recidiva di HCC (età media [DS], 71 [9] anni; 151 [21,5%] femmine). Di questi, 293 pazienti (41,8%) hanno ricevuto una seconda epatectomia o termoablazione, 188 (26,8%) il sorafenib e 220 (31,4%) la chemioembolizzazione.
In termini di potenziale sopravvivenza dopo la recidiva, secondo questo modello avrebbero beneficiato 611 pazienti (87,2%) di una seconda epatectomia o della termoablazione, 37 (5,2%) del sorafenib e 53 (7,6%) dalla chemioembolizzazione. Rispetto ai pazienti per i quali il miglior trattamento potenziale era l’epatectomia o la termoablazione reoperatoria, il sorafenib e la chemioembolizzazione sarebbero potenzialmente il miglior trattamento per i pazienti più anziani (età mediana [IQR], 78,5 [75,2-83,4] anni, 77,02 [73,89-80,46] anni e 71,59 [64,76-76,06] anni per sorafenib, chemioembolizzazione e seconda resezione o termoablazione, rispettivamente), con un numero mediano di noduli di recidiva inferiore (IQR) (1,00 [1,00-2,00] per sorafenib, 1,00 [1,00-2,00] per chemioembolizzazione e 2,00 [1.00-3.00] per epatectomia reoperatoria o termoablazione). La recidiva extraepatica veniva osservata nel 43,2% dei pazienti (n = 16) per sorafenib come miglior trattamento potenziale, rispetto al 14,6% (n = 89) per seconda resezione o termoablazione come miglior trattamento potenziale e 0% per chemioembolizzazione come miglior trattamento potenziale. Tali profili sono stati quindi utilizzati per costituire un algoritmo su misura per il paziente per la migliore allocazione potenziale del trattamento.
L’algoritmo qui presentato dovrebbe aiutare nell’allocazione pazienti con recidiva di HCC al miglior trattamento potenziale secondo la loro specificità caratteristiche, secondo una gerarchia di trattamento.
Insufficienza epatica post operatoria

L’esecuzione di una resezione epatica maggiore può comportare una disfunzione del fegato dopo l’intervento. L’insufficienza epatica rappresenta un importante fattore di rischio per il paziente.
La presentazione analizza l’impatto di questa complicanza e i metodi per prevenirla.
Chirurgia epatica: ruolo nelle malattie del fegato

La chirurgia epatica può rappresentare una soluzione terapeutica adeguata, e magari anche definitiva, per un ampio spettro di malattie del fegato e delle vie biliari, sia tumorali che non tumorali.
Resezioni Vascolari durante Epatectomie

L’esecuzione di una resezione vascolare nel corso di un intervento di epatectomia rappresenta una procedura indubbiamente complessa.
I risultati sono spesso deludenti in quanto la resezione di un vaso è resa necessaria spesso per malattie già avanzate.
Resezioni Epatiche Robotiche

Quali strumenti sono indispensabili (o non indispensabili…..) e quali sono i primi passi per affrontare le resezioni epatiche robotiche.
Metastasi epatiche metacrone

Nonostante la presenza di linee guida nazionali e internazionali, il trattamento delle metastasi epatiche metacrone da tumore colorettale rappresenta ancora oggi un argomento largamente dibattuto.
La conversione a procedura “open” durante le resezioni epatiche nei pazienti cirrotici.

Cosa sono le conversioni a procedura “open” durante le resezioni epatiche mini-invasive eseguite nei pazienti cirrotici e quali sono gli effetti nel decorso post-operatorio
L’effetto di un programma di trapianto di fegato sui risultati dell’epatocarcinoma resecabile: un’analisi multicentrica a livello nazionale

Questo studio è stato effettuato analizzando i dati contenuti nel registro italiano HE.RC.O.LE.S.
Il trattamento chirurgico dell’HCC comprende sia la resezione epatica che il trapianto di fegato.
Tuttavia, la presenza di cirrosi e la possibilità di recidiva rendono la gestione di questa malattia complessa e probabilmente diversa a seconda della presenza all’interno di un ospedale di un programma per il trapianto di fegato.
Un totale di 3202 pazienti da 25 ospedali italiani sono stati arruolati durante il periodo di questo studio.
Tre ospedali su 25 (12%) avevano un programma di trapianto di fegato.
La presenza di un tale programma all’interno dell’ospedale era associato a una ridotta probabilità di insufficienza epatica post-resezione epatica (OR=0,38) ma non a differenze nella sopravvivenza globale dei pazienti o nella sopravvivenza libera da malattia.
In un ospedale con un centro trapianti vi era una maggiore probabilità di trapianto di fegato per recidiva del tumore dopo una eventuale prima resezione epatica (OR=12.05).
Tra i pazienti candidabili al trapianto, quelli che hanno effettivamente eseguito questo intervento hanno avuto una maggiore sopravvivenza dopo la ripresa della malattia.
Questo studio ha dimostrato che la presenza di un programma per il trapianto di fegato è associata a inferiori tassi di insufficienza epatica post-resezione e a una maggiore probabilità di ricevere un trapianto di salvataggio se il tumore si ripresenta.