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Studi pubblicati dal Gruppo HE.RC.O.LE.S.
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Modello predittivo di machine learning per guidare l’allocazione al trattamento della recidiva di epatocarcinoma dopo resezione epatica
Mancano ancora chiare indicazioni su come selezionare la terapia delle recidive di carcinoma epatocellulare (HCC) dopo una epatectomia.
I dati di questo studio sono stati ottenuti da un registro italiano di epatocarcinomi operati tra il gennaio 2008 e il dicembre 2019, con un follow-up mediano di 27 (12-51) mesi. La convalida esterna dei dati è stata eseguita con altri dati derivati da una coorte italiana diversa e da una coorte giapponese. Sono stati inclusi pazienti con recidiva di HCC dopo la prima terapia chirurgica. Sono stati valutati i fattori che hanno influito sulla sopravvivenza dopo recidiva a seconda dei differenti trattamenti effettuati (nuova resezione epatica, termoablazione, chemioembolizzazione o sorafenib). Il modello è stato quindi adattato individualmente per identificare il miglior trattamento potenziale. L’analisi è stata condotta tra gennaio e aprile 2021.
In totale, sono stati arruolati 701 pazienti con recidiva di HCC (età media [DS], 71 [9] anni; 151 [21,5%] femmine). Di questi, 293 pazienti (41,8%) hanno ricevuto una seconda epatectomia o termoablazione, 188 (26,8%) il sorafenib e 220 (31,4%) la chemioembolizzazione.
In termini di potenziale sopravvivenza dopo la recidiva, secondo questo modello avrebbero beneficiato 611 pazienti (87,2%) di una seconda epatectomia o della termoablazione, 37 (5,2%) del sorafenib e 53 (7,6%) dalla chemioembolizzazione. Rispetto ai pazienti per i quali il miglior trattamento potenziale era l’epatectomia o la termoablazione reoperatoria, il sorafenib e la chemioembolizzazione sarebbero potenzialmente il miglior trattamento per i pazienti più anziani (età mediana [IQR], 78,5 [75,2-83,4] anni, 77,02 [73,89-80,46] anni e 71,59 [64,76-76,06] anni per sorafenib, chemioembolizzazione e seconda resezione o termoablazione, rispettivamente), con un numero mediano di noduli di recidiva inferiore (IQR) (1,00 [1,00-2,00] per sorafenib, 1,00 [1,00-2,00] per chemioembolizzazione e 2,00 [1.00-3.00] per epatectomia reoperatoria o termoablazione). La recidiva extraepatica veniva osservata nel 43,2% dei pazienti (n = 16) per sorafenib come miglior trattamento potenziale, rispetto al 14,6% (n = 89) per seconda resezione o termoablazione come miglior trattamento potenziale e 0% per chemioembolizzazione come miglior trattamento potenziale. Tali profili sono stati quindi utilizzati per costituire un algoritmo su misura per il paziente per la migliore allocazione potenziale del trattamento.
L’algoritmo qui presentato dovrebbe aiutare nell’allocazione pazienti con recidiva di HCC al miglior trattamento potenziale secondo la loro specificità caratteristiche, secondo una gerarchia di trattamento.

L’effetto di un programma di trapianto di fegato sui risultati dell’epatocarcinoma resecabile: un’analisi multicentrica a livello nazionale
Questo studio è stato effettuato analizzando i dati contenuti nel registro italiano HE.RC.O.LE.S.
Il trattamento chirurgico dell’HCC comprende sia la resezione epatica che il trapianto di fegato.
Tuttavia, la presenza di cirrosi e la possibilità di recidiva rendono la gestione di questa malattia complessa e probabilmente diversa a seconda della presenza all’interno di un ospedale di un programma per il trapianto di fegato.
Un totale di 3202 pazienti da 25 ospedali italiani sono stati arruolati durante il periodo di questo studio.
Tre ospedali su 25 (12%) avevano un programma di trapianto di fegato.
La presenza di un tale programma all’interno dell’ospedale era associato a una ridotta probabilità di insufficienza epatica post-resezione epatica (OR=0,38) ma non a differenze nella sopravvivenza globale dei pazienti o nella sopravvivenza libera da malattia.
In un ospedale con un centro trapianti vi era una maggiore probabilità di trapianto di fegato per recidiva del tumore dopo una eventuale prima resezione epatica (OR=12.05).
Tra i pazienti candidabili al trapianto, quelli che hanno effettivamente eseguito questo intervento hanno avuto una maggiore sopravvivenza dopo la ripresa della malattia.
Questo studio ha dimostrato che la presenza di un programma per il trapianto di fegato è associata a inferiori tassi di insufficienza epatica post-resezione e a una maggiore probabilità di ricevere un trapianto di salvataggio se il tumore si ripresenta.

Valutazione dei risultati postoperatori dopo chirurgia epatica a cielo aperto nei pazienti cirrotici con carcinoma epatocellulare
Questo studio propone una valutazione di base per i risultati a breve distanza che si possono ottenere con l’esecuzione di resezioni epatiche “aperte” (o laparotomiche) nei pazienti cirrotici con carcinoma epatocellulare, stratificandola per la complessità chirurgica dell’operazione stessa. La differenza tra i valori di riferimento dei risultati ottenuti durante la pratica quotidiana riflette lo spazio per una potenziale crescita, con l’obiettivo di incoraggiare il costante miglioramento dei risultati tra i chirurghi epatici.

Resezione vs. Sorafenib nell’epatocarcinoma
I risultati di questo studio combinato dei due gruppi ITA.LI.CA e HE.RC.O.LE.S mostrano che la resezione epatica offre migliori risultati in termini di sopravvivenza dei pazienti portatori di epatocarcinoma intraepatico non metastatico avanzato rispetto alla terapia medica con il sorafenib. Quindi, in accordo con un approccio personalizzato alla terapia di questa malattia e seguendo una strategia terapeutica gerarchica, il trattamento chirurgico con la resezione epatica, se realizzabile sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista tecnico, dovrebbe essere proposto come terapia di prima linea.
- Ultimo aggiornamento della pagina: 03/10/2023
