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Pubblicazioni Scientifiche
Articoli scientifici apparsi su riviste internazionali e indicizzate con la partecipazione della Chirurgia del Fegato
Elenco (sempre in aggiornamento) degli articoli scientifici e degli studi clinici a cui ha partecipato l’equipe della Chirurgia del Fegato.
Per ogni articolo viene fornito un breve riassunto e la referenza bibliografica completa.
Il link presente nel titolo della referenza bibliografica completa porta direttamente al pdf del lavoro o alla pagina dove poterlo scaricare quando l’accesso non è libero.
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Evoluzione delle tecniche mini-invasive e dei risultati chirurgici dell’ALPPS in Italia: un’analisi delle tendenze nell’arco di 10 anni da un registro prospettico nazionale
Lo studio ha mostrato che l’uso dell’ALPPS è rimasto stabile nel corso degli anni, anche se con l’introduzione di diverse modifiche della tecnica originale.
Tra queste, era evidente un maggiore utilizzo di tecniche mini-invasive, portando ad un miglioramento della mortalità a 90 giorni dall’intervento.
L’insufficienza epatica postoperatoria rimane ancora una questione aperta per l’applicazione dell’ALPPS e l’uso della scintigrafia epatobiliare fra i vari stadi è sempre consigliatissimo oltre che eseguire l’ALPPS solo in centri esperti, ad alto volume.

La “teoria del rimpianto” influisce sulla scelta tra terapia neoadiuvante e chirurgia per il carcinoma pancreatico potenzialmente resecabile
Lo studio lo dimostra che medici differenti che lavorano in diversi ospedali probabilmente faranno scelte simili nel trattamento di pazienti con adenocarcinoma del pancreas con caratteristiche ad alto rischio, ma possono decidere diversamente sullo stesso paziente che presenta un rischio biologico intermedio o basso.
Questo è particolarmente vero nei chirurghi che lavorano in ospedali a basso/medio volume, che sono più inclini a optare per eseguire subito l’intervento chirurgico di resezione pancreatica.
Date queste differenze, sarebbe preferibile prendere decisioni in team multidisciplinari che lavorano, preferibilmente, in ospedali ad alto volume per garantire di poter raggiungere decisioni che possano rappresentare l’esplicazione di varie preferenze.

Modello predittivo di machine learning per guidare l’allocazione al trattamento della recidiva di epatocarcinoma dopo resezione epatica
Mancano ancora chiare indicazioni su come selezionare la terapia delle recidive di carcinoma epatocellulare (HCC) dopo una epatectomia.
I dati di questo studio sono stati ottenuti da un registro italiano di epatocarcinomi operati tra il gennaio 2008 e il dicembre 2019, con un follow-up mediano di 27 (12-51) mesi. La convalida esterna dei dati è stata eseguita con altri dati derivati da una coorte italiana diversa e da una coorte giapponese. Sono stati inclusi pazienti con recidiva di HCC dopo la prima terapia chirurgica. Sono stati valutati i fattori che hanno influito sulla sopravvivenza dopo recidiva a seconda dei differenti trattamenti effettuati (nuova resezione epatica, termoablazione, chemioembolizzazione o sorafenib). Il modello è stato quindi adattato individualmente per identificare il miglior trattamento potenziale. L’analisi è stata condotta tra gennaio e aprile 2021.
In totale, sono stati arruolati 701 pazienti con recidiva di HCC (età media [DS], 71 [9] anni; 151 [21,5%] femmine). Di questi, 293 pazienti (41,8%) hanno ricevuto una seconda epatectomia o termoablazione, 188 (26,8%) il sorafenib e 220 (31,4%) la chemioembolizzazione.
In termini di potenziale sopravvivenza dopo la recidiva, secondo questo modello avrebbero beneficiato 611 pazienti (87,2%) di una seconda epatectomia o della termoablazione, 37 (5,2%) del sorafenib e 53 (7,6%) dalla chemioembolizzazione. Rispetto ai pazienti per i quali il miglior trattamento potenziale era l’epatectomia o la termoablazione reoperatoria, il sorafenib e la chemioembolizzazione sarebbero potenzialmente il miglior trattamento per i pazienti più anziani (età mediana [IQR], 78,5 [75,2-83,4] anni, 77,02 [73,89-80,46] anni e 71,59 [64,76-76,06] anni per sorafenib, chemioembolizzazione e seconda resezione o termoablazione, rispettivamente), con un numero mediano di noduli di recidiva inferiore (IQR) (1,00 [1,00-2,00] per sorafenib, 1,00 [1,00-2,00] per chemioembolizzazione e 2,00 [1.00-3.00] per epatectomia reoperatoria o termoablazione). La recidiva extraepatica veniva osservata nel 43,2% dei pazienti (n = 16) per sorafenib come miglior trattamento potenziale, rispetto al 14,6% (n = 89) per seconda resezione o termoablazione come miglior trattamento potenziale e 0% per chemioembolizzazione come miglior trattamento potenziale. Tali profili sono stati quindi utilizzati per costituire un algoritmo su misura per il paziente per la migliore allocazione potenziale del trattamento.
L’algoritmo qui presentato dovrebbe aiutare nell’allocazione pazienti con recidiva di HCC al miglior trattamento potenziale secondo la loro specificità caratteristiche, secondo una gerarchia di trattamento.

L’effetto di un programma di trapianto di fegato sui risultati dell’epatocarcinoma resecabile: un’analisi multicentrica a livello nazionale
Questo studio è stato effettuato analizzando i dati contenuti nel registro italiano HE.RC.O.LE.S.
Il trattamento chirurgico dell’HCC comprende sia la resezione epatica che il trapianto di fegato.
Tuttavia, la presenza di cirrosi e la possibilità di recidiva rendono la gestione di questa malattia complessa e probabilmente diversa a seconda della presenza all’interno di un ospedale di un programma per il trapianto di fegato.
Un totale di 3202 pazienti da 25 ospedali italiani sono stati arruolati durante il periodo di questo studio.
Tre ospedali su 25 (12%) avevano un programma di trapianto di fegato.
La presenza di un tale programma all’interno dell’ospedale era associato a una ridotta probabilità di insufficienza epatica post-resezione epatica (OR=0,38) ma non a differenze nella sopravvivenza globale dei pazienti o nella sopravvivenza libera da malattia.
In un ospedale con un centro trapianti vi era una maggiore probabilità di trapianto di fegato per recidiva del tumore dopo una eventuale prima resezione epatica (OR=12.05).
Tra i pazienti candidabili al trapianto, quelli che hanno effettivamente eseguito questo intervento hanno avuto una maggiore sopravvivenza dopo la ripresa della malattia.
Questo studio ha dimostrato che la presenza di un programma per il trapianto di fegato è associata a inferiori tassi di insufficienza epatica post-resezione e a una maggiore probabilità di ricevere un trapianto di salvataggio se il tumore si ripresenta.
- Ultimo aggiornamento della pagina: 03/10/2023
