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Curare il Tumore al Fegato
Quali sono le terapie per curare i tumori del fegato?
La diagnosi di tumore maligno al fegato è sempre un problema di salute importante che si trovano ad affrontare i pazienti e le loro famiglie.
Deve essere subito sottolineato che è indispensabile sempre ottenere la diagnosi più corretta della malattia di cui il paziente è portatore. Solo in questa maniera è possibile affrontare con razionalità la difficile situazione e scegliere nella giusta maniera la terapia da perseguire.
In questa pagina vengono descritte le principali possibilità di terapia per i più comuni tumori maligni del fegato, sottolineando l’indicazione di ogni terapia in base alla malattia. I diversi tipi di tumore hanno ciascuno una propria descrizione nelle pagine del sito, a cui si può accedere cliccando sugli appositi link che sono incontrati.
I trattamenti sono elencati in ordine di importanza.
Il trapianto di fegato (OLT) è fra le terapie curative per l’epatocarcinoma, il principale tumore maligno primitivo del fegato.
Il trapianto è indicato per i pazienti che non possono eseguire la resezione epatica convenzionale a causa del cattivo funzionamento del fegato per la presenza di una malattia epatica cronica, come la cirrosi. Per l’indicazione a eseguire un trapianto di fegato per la presenza di un epatocarcinoma vi sono dei criteri clinici e radiologici ben definiti: i criteri di Milano.
Più recentemente il trapianto è stato proposto in alcuni casi di pazienti portatori di metastasi epatiche da tumore del colon, quando una resezione epatica non si può fare e via sia una risposta positiva alla chemioterapia sistemica. Questa indicazione è però ancora in fase di validazione e non è per tutti i pazienti.
Il trapianto di fegato non ha al momento indicazioni definite nella cura dei tumori delle vie biliari (colangiocarcinoma intraepatico e perilare) se non nell’ambito di rari e ben definiti protocolli sperimentali e di ricerca.
Il trapianto può essere eseguito con un organo prelevato da un donatore cadavere oppure da un donatore vivente.
La resezione epatica (o epatectomia parziale) è un intervento chirurgico che viene indicato nel trattamento di numerosi tumori del fegato.
E’ uno dei trattamenti curativi per l’epatocarcinoma, il principale tumore maligno primitivo del fegato.
La resezione epatica è anche la terapia migliore per la cura delle metastasi epatiche che provengono da tumori del colon-retto, quando eseguibile.
E’ inoltre una terapia efficace per altre diverse forme di metastasi epatiche che derivano da tumori provenienti da organi del corpo che non siano il colon-retto, come quelle che provengono dalla mammella o dai tumori neuroendocrini.
Le resezioni epatiche rappresentano la principale modalità di trattamento per i tumori delle vie biliari, sia per il colangiocarcinoma intraepatico, che per i colangiocarcinomi perilari (quelli che una volta venivano chiamati “Tumori di Klatskin”). I colangiocarcinomi che nascono nella parte finale della via biliare vengono trattati con un intervento di resezione del pancreas che si chiama duodeno-cefalo-pancreasectomia.
Le resezioni epatiche sono eseguite per via laparotomica (con il paziente a pancia aperta), per via laparoscopica, oppure con l’ausilio del robot chirurgico. Le resezioni epatiche vengono eseguite in anestesia generale.
Ablazione (Radiofrequenza, alcoolizzazione)
L’ablazione è la terapia che prevede la distruzione del tumore presente nel fegato con l’iniezione di alcool o con il calore prodotto da un laser, mediante l’uso aghi che sono portati all’interno del fegato tramite un piccolo foro praticato sulla pelle. L’ago viene guidato verso il tumore sotto il controllo dell’ecografia, oppure della TC. La più comune forma di ablazione è quella che si esegue con il calore proveniente da aghi a radiofrequenza.
In alcuni casi l’ablazione del tumore può essere eseguita per via laparoscopica, sotto la guida dell’ecografia intraoperatoria.
La metodica viene impiegata per noduli di piccole dimensioni (generalmente inferiori ai 3 centimetri) anche se multipli nel fegato.
E’ una delle terapie curative per i noduli di epatocarcinoma del diametro non superiore ai 2 centimetri.
In alcuni casi l’ablazione viene applicata anche per le metastasi epatiche, ma in questi casi i risultati non sono codificati.
L’ablazione del tumore può essere eseguita dai chirurghi, dai gastroenterologi e dai radiologi interventistici. Si può fare o in anestesia locale o in anestesia generale.
Chemioembolizzazione (TACE, CEAT)
Viene anche denominata con la sua abbreviazione TACE (Trans Arterial Chemo Embolization) oppure CEAT (Chemio Embolizzazione Arteriosa Transcatetere).
E’ una metodica impiegata quasi esclusivamente per la terapia dell’epatocarcinoma. Bisogna sottolineare che è una terapia considerata come “palliativa”, visto che non vi è prova che riesca a distruggere sempre tutto il tumore presente nel fegato. Le uniche terapie “curative” per l’epatocarcinoma restano infatti il trapianto di fegato, la resezione epatica e l’ablazione.
La chemioembolizzazione può essere ripetuta più volte, in diverse sedute, per trattare anche pazienti con noduli multipli. Viene impiegata nei pazienti portatori di epatocarcinoma che devono fare il trapianto di fegato come trattamento ponte per poter giungere all’intervento.
Si esegue introducendo un piccolo catetere nelle arterie che vanno al fegato. Di solito la porta di ingresso è a livello delle arterie dell’inguine. Attraverso il catetere si iniettano i farmaci proprio nelle piccole arterie che irrorano il tumore. Al termine, queste piccole arterie vengono chiuse per amplificare l’effetto dei farmaci iniettati sul tumore.
La procedura può, in qualche caso, causare dolore, febbre, nausea e vomito all’ammalato.
Il paziente deve essere ricoverato in ospedale per l’esecuzione.
Il trattamento viene eseguito dai radiologi interventisti con una piccola anestesia locale.
Radioembolizzazione
Viene anche denominata con la sua abbreviazione TARE (Trans Arterial Radio Embolization). Altre dizioni che hanno lo stesso significato sono SIRT (Selective Internal Radio Therapy) oppure Sirtex, dal nome della prima azienda che ha messo a punto questa metodica.
La radioembolizzazione è una tecnica molto simile alla chemioembolizzazione. Lo scopo è quello di portare al tumore microsfere radioattive dal diametro pari a 20-30 micrometri contenenti ittrio-90 radioattivo. La radioattività delle sfere dovrebbe distruggere il tessuto tumorale circostante.
Viene eseguita in due fasi:
1) la prima è una angiografia diagnostica che serve a studiare l’anatomia del fegato ed a evitare che le microsfere vengano iniettate in organi diversi dal fegato;
2) la seconda si svolge in maniera analoga alla chemioembolizzazione: attraverso una puntura eseguita all’inguine, si spinge un catetere verso il fegato e attraverso questo catetere vengono iniettate le microsfere radioattive nelle arterie che irrorano il tumore.
Al pari della chemioembolizzazione, la radioembolizzazione può però essere ripetuta più volte, in diverse sedute, per trattare anche pazienti con noduli multipli. Viene pure spesso impiegata nei pazienti portatori di epatocarcinoma che devono fare il trapianto di fegato, come trattamento “ponte” per poter giungere all’intervento.
L’indicazione clinica all’esecuzione della radioembolizzazione non è stata completamente codificata. Viene solitamente impiegata nei pazienti portatori di epatocarcinoma, in particolare se presente una trombosi tumorale della vena porta. La TARE è stata impiegata anche nei pazienti portatori di metastasi epatiche da vari tipi di tumore e nei colangiocarcinomi, con risultati alterni.
La TARE richiede un breve ricovero in ospedale. Solitamente i pazienti vengono ricoverati in reparti di Medicina Nucleare per le normative relative alla radioprotezione. Le manovre vere e proprie vengono eseguite dai radiologi interventivi, con una piccola anestesia locale praticata al momento dell’inserimento del catetere.
Mancano ancora studi comparativi con le altre metodiche terapeutiche impiegate per la cura dei tumori del fegato. Per tale motivo la TARE non compare nelle linee guida per il trattamento di queste malattie tumorali.
Chemioterapia sistemica
La chemioterapia sistemica è una delle armi a disposizione per il trattamento di alcuni pazienti. Tuttavia il suo ruolo e la sua efficacia variano in base alla natura del tumore che si deve curare.
- Per il trattamento dell’epatocarcinoma sono disponibili (con molte limitazioni):
Sorafenib (nome commerciale: Nexavar) un inibitore degli enzimi chinasi
La combinazione di atezolizumab (nome commerciale Tecentriq) e bevacizumab, secondo lo studio IMbrave150, pubblicato nel maggio 2020, porterebbe a risultati migliori in termini di sopravvivenza nei pazienti con epatocarcinoma non trattabile chirurgicamente rispetto al sorafenib.
Regorafenib (nome commerciale: Stivarga) un farmaco che blocca diverse protein-chinasi, comprese le chinasi coinvolte nell’angiogenesi tumorale.
Cabozantinib (nome commerciale: Cabometyx) un farmaco inibitore del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF)
- Per il colangiocarcinoma:
in genere vengono usati combinazioni di farmaci come la gemcitabina, la capecitabina e l’oxaliplatino in base alla situazione del paziente ed il giudizio del medico oncologo.
il pemigatinib (nome commerciale: Pemazyre) è un inibitore selettivo del recettore del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR) e può essere impiegato nei pazienti (10-15% dei pazienti con tumore delle vie biliari) con fusione o riarrangiamento del recettore 2 del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR2) dopo almeno un ciclo di chemioterapia sistemica.
- Il trattamento con chemioterapia delle metastasi al fegato varia invece in rapporto alla tipologia, alla stadiazione ed alle caratteristiche geniche del tumore stesso.
- Ultimo aggiornamento della pagina: 03/10/2023
